Solo nel 2008

44 milioni di aborti nel mondo

 

“The Lancet” pubblica i dati di una ricerca dell’OMS

e del “Guttmacher Institute” statunitense condotta dal 1995 al 2008

Di Federica Mancinelli

 

 

Una statistica terrificante: in un solo anno sono morti per interruzione volontaria di gravidanza (legale o clandestina) 44 milioni di bambini, un numero pari – solo per dare l’entità della dimensione – all’intera popolazione della Spagna.

Scomponendo, una gravidanza su cinque si conclude con un aborto volontario (il 49% dei quali in clandestinità). Un dato aberrante, di fronte al quale non si può tacere né far finta che ci sia sempre qualcosa di più importante. Un dato che apre anche uno “scenario demografico”: quante giovani energie, quante potenzialità di sviluppo, quanta ricchezza umana il mondo ha ucciso in questi decenni? Intere nazioni. E il problema non è riferito solo ai nascituri: nello stesso 2008, 47.00 donne sono morte per aborti insicuri e 8,5 milioni hanno serie e permanenti conseguenze sulla propria salute (soprattutto in Africa, Asia e America Latina).

Dati, ovviamente, già strumentalizzati dai promotori dell’aborto legalizzato rispetto a quello clandestino. Basta leggere, infatti, il giudizio del direttore della rivista, Richard Horton: “Sono numeri profondamente preoccupanti. I progressi compiuti negli anni ’90 vengono erosi. Condannare, stigmatizzare e criminalizzare l’aborto sono strategie crudeli e fallimentari” e i commenti degli scienziati alla fine della statistica di “Lancet” secondo i quali bisogna raggiungere obiettivi fondamentali come il benessere delle donne attraverso la pianificazione familiare e l’uso dei profilattici. Ma qui in gioco non è una procedura: è in gioco il futuro del pianeta. E sono in gioco le priorità: il bene della donna – o, per meglio dire, l’egoismo della madre – non è certo primario rispetto al bene del nascituro. Manteniamo, dunque, delle suddette opinioni solamente la scelta semantica che, liberamente, facciamo nostra: i numeri sono sì seriamente, molto seriamente, preoccupanti. Negli anni ’90 sono stati compiuti, è vero, molti progressi: il “popolo della Vita” ha combattuto, senza mai smettere, una potente battaglia culturale contro abitudini e scelte di annientamento e di morte

e se qualche numero è diminuito questo è stato possibile solo attraverso l’opera altamente meritoria di volontari ogni giorno impegnati nella mobilitazione pro life. Ma condannare, stigmatizzare e criminalizzare si deve e si può verso quelle politiche, quelle società e quelle scelte che, mascherate da esercizio di libertà, nascondono nella sostanza una profonda schiavitù, individuale e collettiva.

Crudele e fallimentare è quella società che lavora al benessere economico, culturale e sociale, non accorgendosi che il vero ben‐essere – anche e proprio economico, sociale e culturale – passa solo attraverso il riconoscimento e la tutela dei veri valori della dignità della persona umana.

Gli spaventosi dati di “Lancet” sono l’ennesimo gong di allarme: fino a quando il mondo consentirà questo genocidio?

 

(Caring de "La Quercia Millenaria del  5 Maggio 2012)

                                                                                                                     (www.ildonodellavita.it, 25 Gennaio 2012)

 

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